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Re: iscrizione H.O.G.
Ale_Fable ha scritto:
Poi comunque tutti mi hanno sempre detto che e' un'esperienza da fare... Io comunque paradossalmente sono tentato anche da un club affiliato FMI di Brescia. Sembrano molto compagnoni come noi e simpatici... ma attenzione e' un club FMI, non e' un MC non e' un Hog... quindi....
Anche io ho sto chiodo di volermi iscrivere a qualche gruppo FMI... son comunque motociclisti seri ma non sono dei cazzoni.
Comunque per il libro Il cuore a due cilindri lo sto leggendo, non è male; non è la mia bibbia(non ne ho nessuna in generale) però merita abbastanza, almeno ti da qualche nozione culturale sul mondo custom.
Byson- Dark Legend
- Numero di messaggi : 1487
Data d'iscrizione : 22.10.12
Età : 39
Re: iscrizione H.O.G.
il libro/bibbia lo sto leggendo anche io ed è fantastico e ti fa capire un sacco di cose..poi o ti piace o lo odi per le cose che scrive
michele87- RoadMan
- Numero di messaggi : 336
Data d'iscrizione : 15.10.12
Età : 37
Re: iscrizione H.O.G.
si infatti... ho sentito dire che parodi è un pò tagliente su certi argomenti... vedremo..
Bison, ce n'è uno qui di Brescia, ma il "problema" è questo:
gli MC sono gli MC, con il loro mondo e le loro regole. l'Hog ti fa scimmiottare quello che vedi in superficie negli MC, ovvero giri in gruppo, backpatch, incontri feste ecc ecc... I gruppi monomarca HD affiliati alla FMI, mi sembrano quei gruppi tipo "vorrei esserlo ma non posso"... non so se mi capisci... Poi indubbiamente credo che si debba conoscere prima tutto l'ambiente, ma credo che il libro di parodi possa illuminarmi anche su questo...
Bison, ce n'è uno qui di Brescia, ma il "problema" è questo:
gli MC sono gli MC, con il loro mondo e le loro regole. l'Hog ti fa scimmiottare quello che vedi in superficie negli MC, ovvero giri in gruppo, backpatch, incontri feste ecc ecc... I gruppi monomarca HD affiliati alla FMI, mi sembrano quei gruppi tipo "vorrei esserlo ma non posso"... non so se mi capisci... Poi indubbiamente credo che si debba conoscere prima tutto l'ambiente, ma credo che il libro di parodi possa illuminarmi anche su questo...
Ospite- Ospite
Re: iscrizione H.O.G.
Ale_Fable ha scritto:si infatti... ho sentito dire che parodi è un pò tagliente su certi argomenti... vedremo..
Bison, ce n'è uno qui di Brescia, ma il "problema" è questo:
gli MC sono gli MC, con il loro mondo e le loro regole. l'Hog ti fa scimmiottare quello che vedi in superficie negli MC, ovvero giri in gruppo, backpatch, incontri feste ecc ecc... I gruppi monomarca HD affiliati alla FMI, mi sembrano quei gruppi tipo "vorrei esserlo ma non posso"... non so se mi capisci... Poi indubbiamente credo che si debba conoscere prima tutto l'ambiente, ma credo che il libro di parodi possa illuminarmi anche su questo...
Bravo, esattamente, anche a me da questa impressione; io mi sto convincendo che l' unico modo è girare raduni ed eventi e conoscere persone di tutti e 3 i mondi(tanto, hog a parte, ci vuole di solito un annetto circa prima che ti dicano che puoi iscriverti, sempre se lo vuoi). Credo che solo cosi facendo si ha un impressione più precisa del se si vuole aderire ad uno di questi 3 o se si vuole rimanere semplicemente free biker. Io sono più per il free biker, non riesco ad essere costante alle attività di un gruppo e non riesco a sottostare alle regole, ma è una mia visione
Byson- Dark Legend
- Numero di messaggi : 1487
Data d'iscrizione : 22.10.12
Età : 39
Re: iscrizione H.O.G.
il lavoro,gli orari,i turni........ci manca solo che pago e qualcun'altro decide quando e dove andare..........per ave' na' toppa!!!!!!se la tenessero!!!!!!
Ospite- Ospite
Re: iscrizione H.O.G.
Ma secondo voi per partecipare all'evento dei 110 anni che si terrà a Roma sarà obbligatoria l'iscrizione?
marcomg- RoadMan
- Numero di messaggi : 969
Data d'iscrizione : 04.10.12
Re: iscrizione H.O.G.
Verissimo.....qui a Napoli siamo sei coglioni e gli impegni di ognuno di noi(spaccio,armi,scorie tossiche) sono cosí duri da renderci gli incontri davvero difficili...skull69 ha scritto:il lavoro,gli orari,i turni........ci manca solo che pago e qualcun'altro decide quando e dove andare..........per ave' na' toppa!!!!!!se la tenessero!!!!!!
Francesco- Dark Legend
- Numero di messaggi : 2322
Data d'iscrizione : 02.03.12
Re: iscrizione H.O.G.
Bisōn Fædus ha scritto: Io sono più per il free biker, non riesco ad essere costante alle attività di un gruppo e non riesco a sottostare alle regole, ma è una mia visione
esattamente come me..
Ospite- Ospite
Re: iscrizione H.O.G.
Come mi hanno detto che il chapter aveva una struttura di tipo militare ….. ok ci vediamo in strada!!!!
nero74- RoadMan
- Numero di messaggi : 960
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: iscrizione H.O.G.
nero74 ha scritto:Come mi hanno detto che il chapter aveva una struttura di tipo militare ….. ok ci vediamo in strada!!!!
credo che lo abbiano detto per scimmiottare i gruppi veri secondo me, per giustificare nello statuto il presidente, il tesoriere, i consiglieri ecc ecc........ Almeno spero che sia cosi......
Ospite- Ospite
Re: iscrizione H.O.G.
Ahahah no chiaramente nulla di militare in senso stretto …… poi cmq delle ottime persone sono io che ho problemi con le troppe regole e le troppe minchiate legate a qsto mondo.
Ogni chapter varia in base alle persone che lo compongono e gestiscono, come consiglio invito sempre a farci un salto poi se ti piace bene altrimenti ciao ciao
Ogni chapter varia in base alle persone che lo compongono e gestiscono, come consiglio invito sempre a farci un salto poi se ti piace bene altrimenti ciao ciao
nero74- RoadMan
- Numero di messaggi : 960
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: iscrizione H.O.G.
Guarda io mi sento ancora troppo giovane per questo. mi hanno anche invitato ad una festa in un club house prossimamente, ma davvero, ho rifiutato perche' ora come ora sto bene cosi; come hai detto te, basta avere qualche amicizia di una passione in comune e ci si organizza in un attimo. Pochi ma buoni, divertimento assicurato
Poi ripeto, sono cose che una persona deve sentirsi dentro di fare. Ad esempio, prendiamo Roberto Parodi: potra' essere il motociclista dei motocliclisti, puo' far parte di un suo bel gruppetto di amici affiatati ecc ecc, pero' e' la classica persona che dal lunedi al venerdi e' in giacca e cravatta e il week end fa il biker tosto... insomma sono due stili di vita che faccio fatica a comprendere al 100%... Cosi come faccio un po' a fatica a vedere come hai scritto te questo ordine di gerarchia dentro un chapter, backpatch e cose del genere con attesa di tot tempo per dartela dietro e cose cosi.. mah...
Poi ripeto, sono cose che una persona deve sentirsi dentro di fare. Ad esempio, prendiamo Roberto Parodi: potra' essere il motociclista dei motocliclisti, puo' far parte di un suo bel gruppetto di amici affiatati ecc ecc, pero' e' la classica persona che dal lunedi al venerdi e' in giacca e cravatta e il week end fa il biker tosto... insomma sono due stili di vita che faccio fatica a comprendere al 100%... Cosi come faccio un po' a fatica a vedere come hai scritto te questo ordine di gerarchia dentro un chapter, backpatch e cose del genere con attesa di tot tempo per dartela dietro e cose cosi.. mah...
Ospite- Ospite
Re: iscrizione H.O.G.
scusami se te lo dico.....ma penso che Roberto Parodi nn lo conosci...........ha fatto piu' km nei deserti Africani e altro che tutto il forum sull'asfalto........discorso biker tosto.....so' tosti sl quando stanno in gruppo.....da soli........tutti zitti!!!!!!e pedalare!
Ospite- Ospite
Re: iscrizione H.O.G.
ale_fable leggi qua
“Il primo raduno” di Luc Garù
Quando compri un’Harley, la prima cosa che vuoi fare a parte girare è incontrare quelli che come te condividono la tua stessa passione. Oggi ci sono mille appuntamenti e occasioni ma alla metà degli anni ’90, l’unico modo era passare per i raduni Hog. L’entusiasmo per il mondo Harley era tanto e ci si sentiva degli eletti quindi pagare centoventi mila lire faceva una impressione relativa (oggi in Euro ne farebbe ancora di meno), ma quella quota per un solo meeting che in fondo comprendeva solo un pranzo tutti insieme, oggi mi sembra veramente troppo.
Ad ogni modo avevo un’ Harley 1200 Custom nuova di pacca in garage. Un giubbotto-chiodo da “duro” spesso e pesante ma che teneva poco il freddo (questo non lo sapevo ancora), i miei jeans preferiti e degli stivali poco biker ma versatili che facevano accoppiata con dei guanti da neve poco intonati ma molto efficaci. L’ appuntamento con il mio amico Danny per recarci in concessionaria era già fissato da una settimana.
Danny cavalcava un Ironhead Roadster 1000 del padre. Quest’ultimo l’aveva comprato all’inizio degli anni ’80 direttamente da Carlo Talamo quando ancora la Numero Uno non esisteva e quello che sarebbe diventato un guru del bicilindrico americano, peregrinava per concessionarie di automobili cercando di piazzare un paio di modelli che potessero attirare l’attenzione dei futuri clienti.
Il padre di Danny, che aveva l’occhio lungo ed una Jaguar d’epoca in garage, fiutò subito l’occasione e scambiò di buona voglia il suo MotoGuzzi V 65 Custom con il Roadster aggiungendo un discreto conguaglio (ai tempi se non ricordo male costò 11 milioni di lire).
L’Ironhead era uno Sportster di vecchia concezione: motore in ghisa, serbatoio da Dyna, sospensioni più alte e tutto il fascino storico della casa. Purtroppo ai tempi non esistevano i cultori di oggi ed appena arrivati davanti alla concessionaria già gremita, fummo adocchiati dai “maggiori” con sufficienza.
Un novellino come me (vent’anni su di una moto nuova) e Danny (ventuno su di una moto vecchia) non suscitavano propriamente entusiasmo. Gironzolammo un po’ in mezzo alle altre moto mentre i più esperti si lasciavano andare a millanterie e vanti (queste forcelle mi sono costate 5 milioni! La mia adesso fa i 200!) Noi ascoltavamo e raramente intervenivamo perchè, in fondo avevamo ancora poco da dire.
In cuor nostro, e lo avrei scoperto solo dopo, cercavamo qualcuno che ci potesse spiegare un po’ meglio quel mondo e avesse un po’ di comprensione per i nuovi arrivati. Ma visto che nessuno ci avvicinava, decidemmo di andare noi dalle facce più giovani che vedevamo isolate ai margini del gruppo. Così conoscemmo Alfio (con uno Sportster anniversario del ’92) che per il freddo, diceva, si era tenuto il pigiama sotto i vestiti e Guido, con uno Springer acquistato usato che mal si coniugava con la sua faccia da bambino.
Facemmo le presentazioni ed avvertimmo subito la sensazione di non essere più soli là in mezzo. Parlammo delle moto, delle modifiche possibili (non tantissime in verità, se non per fregi e scarichi) e del percorso di cui non sapevamo molto, percorrenza a parte.
Per quanto chiedessimo, gli addetti della concessionaria ci mostrarono solo una fotocopia sbiadita della cartina ed una sbrigativa narrazione del percorso, dei bivi e della destinazione.
Mentre cercavamo di capire, i primi tuoni delle marmitte si fecero sentire e tutti balzarono in sella.
Il sottile serpente di harleysti si incanalò, con dealer e meccanici in testa, sulla tangenziale alla volta dell’autostrada.
Io, Danny, Alfio e Guido ci tenevamo in un’istintiva formazione ma rapidamente il serpente di moto si allungò e tutti, come se fosse una corsa, sparirono all’orizzonte.
La mia moto era ancora in rodaggio e quella di Danny non era certo un Buell e quindi, dopo una rapida occhiata, decidemmo di far di necessità virtù e tenere un’andatura normale senza strappi. Alfio e Guido stavano avanti a noi alternandosi e non sembravano aver voglia di lasciarci, quindi non ci preoccupavamo. D’altronde avevamo calcolato ad occhio il percorso e per quanto i vecchi Sportster montassero il peanut da 8 litri, la mia moto aveva in dotazione il nuovo King da 12,5 e Danny ne montava un serbatoio addirittura da 18. Pensavamo che comunque gli altri si sarebbero dovuti fermare anche se non sapevamo nè dove nè quando.
Il “quando” ci prese di sorpresa perchè, proprio mentre passavamo davanti ad una stazione di servizio, vedemmo tutto il gruppo fermo per il rifornimento.
Oggi avrei tirato dritto e mi sarei accostato a qualche centinaio di metri, ma allora, complice l’insicurezza ed il pensiero per la scarsa autonomia del peanut di Alfio, dopo aver rallentato in prossimità dell’uscita di servizio, la imboccammo a passo d’uomo per raggiungere il gruppo.
Destino volle che proprio una pattuglia della stradale si fosse fermata per un caffè ed i tutori dell’ordine furono bel lieti di sguainare le palette e farci accostare. Conversazione di rito e sanzione: centoventimila lirette per ognuno noi quattro mentre il gruppo si affrettava a sparire all’orizzonte per evitare controlli alle marmitte fracassone.
La stradale se ne andò e per un attimo rimanemmo seduti sulle selle con i verbali in mano, incazzati e delusi. Eravamo però decisi a riprendere il gruppo perchè in fondo, doveva essere un raduno e noi non ce la sentivamo di recitare la parte degli esclusi.
Proprio mentre discutevamo sulla decisione di non mollare ed affrettarci, Danny si cercò nelle tasche alla ricerca delle chiavi e non riuscendo a trovarle.
Rapida analisi della situazione e ferale conclusione: l’Ironhead montava il blocchetto di accensione all’altezza della coscia destra e per via delle vibrazioni, le chiavi dovevano essere volate in autostrada chissà dove. L’unica buona notizia è che la moto rimase col contatto acceso ma una volta arrivati a destinazione ci sarebbe toccato staccare la batteria se non si voleva rimanere col c*lo a terra.
Ci rimettemmo in marcia ed usciti dall’autostrada, imboccando delle vie collinari, una fitta nebbia calò su di noi.
A metà degli anni ’90, andava di moda montare un faretto bullett sotto le marmitte ed anche io non mi sottrassi a questa consuetudine. Fortunatamente lo feci montare rosso e così, in fila indiana, con me in testa, gli altri potevano avere la percezione dell’arrivo delle curve.
Non sapevamo se stessimo andando dalla parte giusta, ma cercavamo di ricordare a mente le località lette sulla mappa e ritrovarle sui cartelli. Quando finalmente entrammo in un paese di poche anime, capimmo di essere sulla via giusta perchè vedevamo gli abitanti ancora per strada come se fosse passata una gara ciclistica.
Era un tempo in cui le Harley esercitavano ancor più curiosità di oggi e nei paesini sperduti, i bambini e la gente veniva a guardare gli “alieni” che passavano.
Finalmente raggiungemmo l’agriturismo dell’arrivo e la vista del cartello ci fece gridare ed esultare. Facemmo il nostro ingresso nel ristorante come John Wayne entra nel saloon anche se magari, non fregava a nessuno di noi. Anzi, senza magari, visto che il ristoratore, per mancanza di spazio, non aveva potuto aggiungere i nostri coperti e fummo dirottati in una sala attigua. Non solo il dealer non disse nulla , ma in più alla nostra richiesta di aiuto per poter smontare i contatti della batteria di Danny, ci risposero continuando a mangiare, che non potevano fare nulla.
Eravamo francamente demoralizzati: il dealer al quale avevamo dato un bel po‘ di soldi, se ne fregava altamente. Ma non potevamo aspettare più di tanto: dovevamo risolvere la situazione.
Iniziammo a fare la questua tra i bikers per un aiuto, ma non riuscivamo a venirne fuori quando un ometto piccolo e tarchiato, col la barba ed un impermeabile australiano alla Renegade, ci venne incontro. Veniva dall’altra parte della regione e cavalcava una Softail springer blu con un portattrezzi di metallo con la dotazione completa di chiavi.
Ci aiutò a smontare la batteria ed a rimontarla facilmente (noi ne sapevamo poco) alla fine del pranzo.
In questo mio ricordo, non ho fatto riferimento a luoghi od organizzazioni in particolare, perchè non hanno importanza, ma il nome di quell’uomo ne ha tanta: si chiamava (e spero si chiami ancora) Ottorino Iapichino e vi posso giurare che in 16 anni passati da biker, non si sono contati i brindisi alla sua salute, perchè nel mio ricordo incarna l’anima migliore, disponibile e amichevole dei biker.
Dopo tante delusioni, l’aiuto di quell’uomo ha salvato il nostro futuro in sella: perchè col suo comportamento ci ha detto: “lo so, pensavate che gli harleysti fossero diversi, ma anche loro sono esseri umani con le loro debolezze. Non basta spendere tanti soldi per essere veri bikers e soprattutto uomini veri, ma se ne trovate anche uno solo che si comporta come me, farete lo stesso con qualcun altro, indipendentemente da dove viene o cosa guida”.
Era dicembre e faceva buio presto: decidemmo di tornare a casa anche perchè l’Ironhead aveva il contatto Spento/acceso/acceso con luci e quindi Danny poteva solo accendere la moto a luci spente.
Ci organizzammo in formazione: Alfio e Guido davanti, Io e Ottorino dietro, Danny al centro. Sembravamo una scorta presidenziale con i fari accesi e le frecce intermittenti. Ottorino proseguì verso casa sua e rimanemmo i quattro dell’inizio di questa avventura.
In autostrada, lungo una fila di auto, cercammo di stare in prossimità della corsia d’emergenza per fare in modo che qualcuno non cambiasse direzione e prendesse Danny a luci spente.
Dopo un paio di chilometri, una nuova paletta si alzò. Un’altra pattuglia della stradale ci fermò per invasione della corsia d’emergenza.
Ma questa volta non ci multarono perchè scendemmo dalla moto tutti insieme e ci parammo davanti l’agente spiegando la situazione, pronti a qualsiasi gesto pur di non prendere l’ennesima batosta della giornata.
L’agente alla fine venne a miti pretese lasciandoci andare. Ancora oggi, forse con un pizzico di presunzione, penso che si sia convinto perchè ci ha visto compatti e un po‘ aggressivi. Non che gli abbiamo fatto paura, per carità, ma quando non molli e sai che quelli vicino a te sono sulla tua stessa lunghezza d’onda, bè, gli altri possono solo spostarsi o essere travolti.
Tornammo a casa sani e salvi. Pochi giorni dopo chiedemmo ufficialmente spiegazioni al dealer (nonchè presidente del chapter) che fece spallucce dicendo che “non possiamo aspettare tutti”, “non possiamo avere tutti gli attrezzi con noi”, “al ristorante se arrivi tardi non mangi...”
Non partecipai mai più ad un meeting Hog, ma quel giorno imparai tante cose nello stile che la vita predilige cioè esaminandoti prima e dandoti lezioni dopo. Ma sono cose che ancora oggi tengo bene a mente:
1) E’ l’uomo che fa il ferro e non viceversa
2) Accogli i giovani di oggi, saranno gli uomini di domani
3) La solidarietà alcune volte è inversamente proporzionale alla distanza
4) Non chiamare qualcuno fratello se non sei disposto a dare del tuo
5) Meglio pane e salame in amicizia che caviale in indifferenza
6) Meglio pochi ma buoni
PS Questa vicenda è accaduta nel dicembre del 1996. La concessionaria Harley è diretta in parte dalle stesse persone.
“Il primo raduno” di Luc Garù
Quando compri un’Harley, la prima cosa che vuoi fare a parte girare è incontrare quelli che come te condividono la tua stessa passione. Oggi ci sono mille appuntamenti e occasioni ma alla metà degli anni ’90, l’unico modo era passare per i raduni Hog. L’entusiasmo per il mondo Harley era tanto e ci si sentiva degli eletti quindi pagare centoventi mila lire faceva una impressione relativa (oggi in Euro ne farebbe ancora di meno), ma quella quota per un solo meeting che in fondo comprendeva solo un pranzo tutti insieme, oggi mi sembra veramente troppo.
Ad ogni modo avevo un’ Harley 1200 Custom nuova di pacca in garage. Un giubbotto-chiodo da “duro” spesso e pesante ma che teneva poco il freddo (questo non lo sapevo ancora), i miei jeans preferiti e degli stivali poco biker ma versatili che facevano accoppiata con dei guanti da neve poco intonati ma molto efficaci. L’ appuntamento con il mio amico Danny per recarci in concessionaria era già fissato da una settimana.
Danny cavalcava un Ironhead Roadster 1000 del padre. Quest’ultimo l’aveva comprato all’inizio degli anni ’80 direttamente da Carlo Talamo quando ancora la Numero Uno non esisteva e quello che sarebbe diventato un guru del bicilindrico americano, peregrinava per concessionarie di automobili cercando di piazzare un paio di modelli che potessero attirare l’attenzione dei futuri clienti.
Il padre di Danny, che aveva l’occhio lungo ed una Jaguar d’epoca in garage, fiutò subito l’occasione e scambiò di buona voglia il suo MotoGuzzi V 65 Custom con il Roadster aggiungendo un discreto conguaglio (ai tempi se non ricordo male costò 11 milioni di lire).
L’Ironhead era uno Sportster di vecchia concezione: motore in ghisa, serbatoio da Dyna, sospensioni più alte e tutto il fascino storico della casa. Purtroppo ai tempi non esistevano i cultori di oggi ed appena arrivati davanti alla concessionaria già gremita, fummo adocchiati dai “maggiori” con sufficienza.
Un novellino come me (vent’anni su di una moto nuova) e Danny (ventuno su di una moto vecchia) non suscitavano propriamente entusiasmo. Gironzolammo un po’ in mezzo alle altre moto mentre i più esperti si lasciavano andare a millanterie e vanti (queste forcelle mi sono costate 5 milioni! La mia adesso fa i 200!) Noi ascoltavamo e raramente intervenivamo perchè, in fondo avevamo ancora poco da dire.
In cuor nostro, e lo avrei scoperto solo dopo, cercavamo qualcuno che ci potesse spiegare un po’ meglio quel mondo e avesse un po’ di comprensione per i nuovi arrivati. Ma visto che nessuno ci avvicinava, decidemmo di andare noi dalle facce più giovani che vedevamo isolate ai margini del gruppo. Così conoscemmo Alfio (con uno Sportster anniversario del ’92) che per il freddo, diceva, si era tenuto il pigiama sotto i vestiti e Guido, con uno Springer acquistato usato che mal si coniugava con la sua faccia da bambino.
Facemmo le presentazioni ed avvertimmo subito la sensazione di non essere più soli là in mezzo. Parlammo delle moto, delle modifiche possibili (non tantissime in verità, se non per fregi e scarichi) e del percorso di cui non sapevamo molto, percorrenza a parte.
Per quanto chiedessimo, gli addetti della concessionaria ci mostrarono solo una fotocopia sbiadita della cartina ed una sbrigativa narrazione del percorso, dei bivi e della destinazione.
Mentre cercavamo di capire, i primi tuoni delle marmitte si fecero sentire e tutti balzarono in sella.
Il sottile serpente di harleysti si incanalò, con dealer e meccanici in testa, sulla tangenziale alla volta dell’autostrada.
Io, Danny, Alfio e Guido ci tenevamo in un’istintiva formazione ma rapidamente il serpente di moto si allungò e tutti, come se fosse una corsa, sparirono all’orizzonte.
La mia moto era ancora in rodaggio e quella di Danny non era certo un Buell e quindi, dopo una rapida occhiata, decidemmo di far di necessità virtù e tenere un’andatura normale senza strappi. Alfio e Guido stavano avanti a noi alternandosi e non sembravano aver voglia di lasciarci, quindi non ci preoccupavamo. D’altronde avevamo calcolato ad occhio il percorso e per quanto i vecchi Sportster montassero il peanut da 8 litri, la mia moto aveva in dotazione il nuovo King da 12,5 e Danny ne montava un serbatoio addirittura da 18. Pensavamo che comunque gli altri si sarebbero dovuti fermare anche se non sapevamo nè dove nè quando.
Il “quando” ci prese di sorpresa perchè, proprio mentre passavamo davanti ad una stazione di servizio, vedemmo tutto il gruppo fermo per il rifornimento.
Oggi avrei tirato dritto e mi sarei accostato a qualche centinaio di metri, ma allora, complice l’insicurezza ed il pensiero per la scarsa autonomia del peanut di Alfio, dopo aver rallentato in prossimità dell’uscita di servizio, la imboccammo a passo d’uomo per raggiungere il gruppo.
Destino volle che proprio una pattuglia della stradale si fosse fermata per un caffè ed i tutori dell’ordine furono bel lieti di sguainare le palette e farci accostare. Conversazione di rito e sanzione: centoventimila lirette per ognuno noi quattro mentre il gruppo si affrettava a sparire all’orizzonte per evitare controlli alle marmitte fracassone.
La stradale se ne andò e per un attimo rimanemmo seduti sulle selle con i verbali in mano, incazzati e delusi. Eravamo però decisi a riprendere il gruppo perchè in fondo, doveva essere un raduno e noi non ce la sentivamo di recitare la parte degli esclusi.
Proprio mentre discutevamo sulla decisione di non mollare ed affrettarci, Danny si cercò nelle tasche alla ricerca delle chiavi e non riuscendo a trovarle.
Rapida analisi della situazione e ferale conclusione: l’Ironhead montava il blocchetto di accensione all’altezza della coscia destra e per via delle vibrazioni, le chiavi dovevano essere volate in autostrada chissà dove. L’unica buona notizia è che la moto rimase col contatto acceso ma una volta arrivati a destinazione ci sarebbe toccato staccare la batteria se non si voleva rimanere col c*lo a terra.
Ci rimettemmo in marcia ed usciti dall’autostrada, imboccando delle vie collinari, una fitta nebbia calò su di noi.
A metà degli anni ’90, andava di moda montare un faretto bullett sotto le marmitte ed anche io non mi sottrassi a questa consuetudine. Fortunatamente lo feci montare rosso e così, in fila indiana, con me in testa, gli altri potevano avere la percezione dell’arrivo delle curve.
Non sapevamo se stessimo andando dalla parte giusta, ma cercavamo di ricordare a mente le località lette sulla mappa e ritrovarle sui cartelli. Quando finalmente entrammo in un paese di poche anime, capimmo di essere sulla via giusta perchè vedevamo gli abitanti ancora per strada come se fosse passata una gara ciclistica.
Era un tempo in cui le Harley esercitavano ancor più curiosità di oggi e nei paesini sperduti, i bambini e la gente veniva a guardare gli “alieni” che passavano.
Finalmente raggiungemmo l’agriturismo dell’arrivo e la vista del cartello ci fece gridare ed esultare. Facemmo il nostro ingresso nel ristorante come John Wayne entra nel saloon anche se magari, non fregava a nessuno di noi. Anzi, senza magari, visto che il ristoratore, per mancanza di spazio, non aveva potuto aggiungere i nostri coperti e fummo dirottati in una sala attigua. Non solo il dealer non disse nulla , ma in più alla nostra richiesta di aiuto per poter smontare i contatti della batteria di Danny, ci risposero continuando a mangiare, che non potevano fare nulla.
Eravamo francamente demoralizzati: il dealer al quale avevamo dato un bel po‘ di soldi, se ne fregava altamente. Ma non potevamo aspettare più di tanto: dovevamo risolvere la situazione.
Iniziammo a fare la questua tra i bikers per un aiuto, ma non riuscivamo a venirne fuori quando un ometto piccolo e tarchiato, col la barba ed un impermeabile australiano alla Renegade, ci venne incontro. Veniva dall’altra parte della regione e cavalcava una Softail springer blu con un portattrezzi di metallo con la dotazione completa di chiavi.
Ci aiutò a smontare la batteria ed a rimontarla facilmente (noi ne sapevamo poco) alla fine del pranzo.
In questo mio ricordo, non ho fatto riferimento a luoghi od organizzazioni in particolare, perchè non hanno importanza, ma il nome di quell’uomo ne ha tanta: si chiamava (e spero si chiami ancora) Ottorino Iapichino e vi posso giurare che in 16 anni passati da biker, non si sono contati i brindisi alla sua salute, perchè nel mio ricordo incarna l’anima migliore, disponibile e amichevole dei biker.
Dopo tante delusioni, l’aiuto di quell’uomo ha salvato il nostro futuro in sella: perchè col suo comportamento ci ha detto: “lo so, pensavate che gli harleysti fossero diversi, ma anche loro sono esseri umani con le loro debolezze. Non basta spendere tanti soldi per essere veri bikers e soprattutto uomini veri, ma se ne trovate anche uno solo che si comporta come me, farete lo stesso con qualcun altro, indipendentemente da dove viene o cosa guida”.
Era dicembre e faceva buio presto: decidemmo di tornare a casa anche perchè l’Ironhead aveva il contatto Spento/acceso/acceso con luci e quindi Danny poteva solo accendere la moto a luci spente.
Ci organizzammo in formazione: Alfio e Guido davanti, Io e Ottorino dietro, Danny al centro. Sembravamo una scorta presidenziale con i fari accesi e le frecce intermittenti. Ottorino proseguì verso casa sua e rimanemmo i quattro dell’inizio di questa avventura.
In autostrada, lungo una fila di auto, cercammo di stare in prossimità della corsia d’emergenza per fare in modo che qualcuno non cambiasse direzione e prendesse Danny a luci spente.
Dopo un paio di chilometri, una nuova paletta si alzò. Un’altra pattuglia della stradale ci fermò per invasione della corsia d’emergenza.
Ma questa volta non ci multarono perchè scendemmo dalla moto tutti insieme e ci parammo davanti l’agente spiegando la situazione, pronti a qualsiasi gesto pur di non prendere l’ennesima batosta della giornata.
L’agente alla fine venne a miti pretese lasciandoci andare. Ancora oggi, forse con un pizzico di presunzione, penso che si sia convinto perchè ci ha visto compatti e un po‘ aggressivi. Non che gli abbiamo fatto paura, per carità, ma quando non molli e sai che quelli vicino a te sono sulla tua stessa lunghezza d’onda, bè, gli altri possono solo spostarsi o essere travolti.
Tornammo a casa sani e salvi. Pochi giorni dopo chiedemmo ufficialmente spiegazioni al dealer (nonchè presidente del chapter) che fece spallucce dicendo che “non possiamo aspettare tutti”, “non possiamo avere tutti gli attrezzi con noi”, “al ristorante se arrivi tardi non mangi...”
Non partecipai mai più ad un meeting Hog, ma quel giorno imparai tante cose nello stile che la vita predilige cioè esaminandoti prima e dandoti lezioni dopo. Ma sono cose che ancora oggi tengo bene a mente:
1) E’ l’uomo che fa il ferro e non viceversa
2) Accogli i giovani di oggi, saranno gli uomini di domani
3) La solidarietà alcune volte è inversamente proporzionale alla distanza
4) Non chiamare qualcuno fratello se non sei disposto a dare del tuo
5) Meglio pane e salame in amicizia che caviale in indifferenza
6) Meglio pochi ma buoni
PS Questa vicenda è accaduta nel dicembre del 1996. La concessionaria Harley è diretta in parte dalle stesse persone.
alan- Night Burner
- Numero di messaggi : 7192
Data d'iscrizione : 08.12.11
Età : 45
Re: iscrizione H.O.G.
azzo proprio gente di merda!!!! ….. per quanto mi riguarda le cose sono andate decisamente in maniera diversa
nero74- RoadMan
- Numero di messaggi : 960
Data d'iscrizione : 25.09.10
Re: iscrizione H.O.G.
Io conservo l'iscrizione hog x sconti e agevolazioni che si hanno in alberghi, campeggi e b&b in giro x l'Europa.
Gis- Dark Legend
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Re: iscrizione H.O.G.
nero74 ha scritto:azzo proprio gente di merda!!!! ….. per quanto mi riguarda le cose sono andate decisamente in maniera diversa
io per il momento son sempre andato in giro con gente conosciuta al momento
comunque sempre in pochi , non hò mai avuto problemi
la realta hog non la conosco e non mi và neanche di farlo
alan- Night Burner
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Re: iscrizione H.O.G.
Grazie Alan!!!
Si scusa skull, forse hai frainteso quello che volevo dire io. Uno puo' fare anche il giro del mondo in harley, ma poi non ce lo vedo poi durante la settimana a fare un lavoro completamente diverso. Forse perche' io persone che fanno questo tipo di viaggi, sperro e volentieri lo fanno diventare un lavoro primario, un po come gli sportivi, oppure le persone da guinness ecc ecc..
Si scusa skull, forse hai frainteso quello che volevo dire io. Uno puo' fare anche il giro del mondo in harley, ma poi non ce lo vedo poi durante la settimana a fare un lavoro completamente diverso. Forse perche' io persone che fanno questo tipo di viaggi, sperro e volentieri lo fanno diventare un lavoro primario, un po come gli sportivi, oppure le persone da guinness ecc ecc..
Ospite- Ospite
Re: iscrizione H.O.G.
Ale_Fable ha scritto:Grazie Alan!!!
Si scusa skull, forse hai frainteso quello che volevo dire io. Uno puo' fare anche il giro del mondo in harley, ma poi non ce lo vedo poi durante la settimana a fare un lavoro completamente diverso. Forse perche' io persone che fanno questo tipo di viaggi, sperro e volentieri lo fanno diventare un lavoro primario, un po come gli sportivi, oppure le persone da guinness ecc ecc..
Oggi se trovi un lavoro è già tanto, sceglierlo anche in base alla moto che guidi!!!
Va be sei giovane!!!
nero74- RoadMan
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Re: iscrizione H.O.G.
nero74 ha scritto:
Oggi se trovi un lavoro è già tanto, sceglierlo anche in base alla moto che guidi!!!
Va be sei giovane!!!
Io sono dirigente di una grossa multinazionale...Tutta settimana in giacca e cravatta...sabato e domenica tornò me stesso esco con gli amici, con i conoscenti e con tute le persone che in qualche modo mi fanno stare bene.. bevo mangioe rutto.. e sto bene..
Se dovessi dire non sono me stesso per 5 giorni a settimana...
stinteri- RoadMan
- Numero di messaggi : 489
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Età : 48
Re: iscrizione H.O.G.
no. forse non ci siamo capiti
Forse faccio fatica a concepire la sostanza del biker che fa il biker nel week end con l'electra glide e durante la settimana va in giro in giacca e cravatta con auto all'ultima moda rispetto il biker convinto con principi di fratellanza di altri biker, che puo' permettersi qualche volta di apportare qualche piccola modifichina al suo mezzo per renderlo piu unico possibile, dove non gli importa quel che fara' domani o dopodomani... Credo sia pura utopia in italia, ma io la penso cosi, cosi come la penso per chi va in giro conciato tutto largo ascoltando hip hop a palla pur non sapendo cosa significa questo gesto rispetto quest'altro, oppure il motivo per cui porta una bandana in testa di un colore ecc. Si tratta di cultura; com'e' c'e' la cultura da street c'e' la cultura dei bikers e degli mc, e una persona che gira il mondo in harley ma nel tempo stesso durante la maggior parte dell'anno gira in giacca e cravatta tutto preciso e perfetto, per me non e' un biker come vuole la tradizione o comunque come vuole far credere ad occhi esterni. Se si tratta di esperienze personali, di vittorie da vincere con se stessi o di battere un qualche record specifico sono d'accordo totalmente, anzi! altrimenti anche noi tutti potremmo definirci biker con i contro zuffoli. Dai non ditemi che per essere un "vero" biker ci debba essere solo un fortissimo spirito di adattamente (cosa che comunque non tutti hanno)
Forse faccio fatica a concepire la sostanza del biker che fa il biker nel week end con l'electra glide e durante la settimana va in giro in giacca e cravatta con auto all'ultima moda rispetto il biker convinto con principi di fratellanza di altri biker, che puo' permettersi qualche volta di apportare qualche piccola modifichina al suo mezzo per renderlo piu unico possibile, dove non gli importa quel che fara' domani o dopodomani... Credo sia pura utopia in italia, ma io la penso cosi, cosi come la penso per chi va in giro conciato tutto largo ascoltando hip hop a palla pur non sapendo cosa significa questo gesto rispetto quest'altro, oppure il motivo per cui porta una bandana in testa di un colore ecc. Si tratta di cultura; com'e' c'e' la cultura da street c'e' la cultura dei bikers e degli mc, e una persona che gira il mondo in harley ma nel tempo stesso durante la maggior parte dell'anno gira in giacca e cravatta tutto preciso e perfetto, per me non e' un biker come vuole la tradizione o comunque come vuole far credere ad occhi esterni. Se si tratta di esperienze personali, di vittorie da vincere con se stessi o di battere un qualche record specifico sono d'accordo totalmente, anzi! altrimenti anche noi tutti potremmo definirci biker con i contro zuffoli. Dai non ditemi che per essere un "vero" biker ci debba essere solo un fortissimo spirito di adattamente (cosa che comunque non tutti hanno)
Ospite- Ospite
Re: iscrizione H.O.G.
Sono sicuramente due posizioni differenti ma entrambe degne di rispetto.
Ovvio che non tutti hanno le stesse possibilità economiche o lo stesso spirito di adattamento.
Credo che il discorso di utopia italiana corretto...vai a cagare Ale.. Ho da fare una marea di roba, mi stanno scassando le palle al tel, al cel, al mail.....ne parliamo a 4.... Facciamo 6 occhi...con una due beh, facciamo 6/7 birre davanti alla prima occasione
Ovvio che non tutti hanno le stesse possibilità economiche o lo stesso spirito di adattamento.
Credo che il discorso di utopia italiana corretto...vai a cagare Ale.. Ho da fare una marea di roba, mi stanno scassando le palle al tel, al cel, al mail.....ne parliamo a 4.... Facciamo 6 occhi...con una due beh, facciamo 6/7 birre davanti alla prima occasione
stinteri- RoadMan
- Numero di messaggi : 489
Data d'iscrizione : 22.07.12
Età : 48
Re: iscrizione H.O.G.
Ok dai ne parliamo domani ser......... ah no...... scusa.....
Si si hai centrato in pieno il mio discorso! sono due posizioni che non hanno nulla da invidiare nell'una o nell'altra affatto! Il discorso e' proprio di chi pensa di essere un vero biker perche' ha l'ultima electra glide in mano oppure perche' e' completamente intoppato il gilet. essere biker e' una cosa che viene da dentro, e' una cosa personale, dove ci deve essere il rispetto da parte di tutti e per tutti... cosa che spesso e volentieri purtroppo non e' ricambiato....
PS Salvo: se sei cosi un super business man, perche' non compri una segretaria che risponda al telefono email ecc ecc e mi fai compagnia qui sul forum mentre le macchine qui in regia lavorano per conto loro per renderizzare il video per la prossima puntata?? :p senno' mi tocca installare i nani sul portatile e li e' la fine per la produzione del PIL...
Si si hai centrato in pieno il mio discorso! sono due posizioni che non hanno nulla da invidiare nell'una o nell'altra affatto! Il discorso e' proprio di chi pensa di essere un vero biker perche' ha l'ultima electra glide in mano oppure perche' e' completamente intoppato il gilet. essere biker e' una cosa che viene da dentro, e' una cosa personale, dove ci deve essere il rispetto da parte di tutti e per tutti... cosa che spesso e volentieri purtroppo non e' ricambiato....
PS Salvo: se sei cosi un super business man, perche' non compri una segretaria che risponda al telefono email ecc ecc e mi fai compagnia qui sul forum mentre le macchine qui in regia lavorano per conto loro per renderizzare il video per la prossima puntata?? :p senno' mi tocca installare i nani sul portatile e li e' la fine per la produzione del PIL...
Ospite- Ospite
Re: iscrizione H.O.G.
Oddio, mi sa che qua si va offtopic di brutto: posso unirmi anche io nella cosa?
Dai, la butto li, e poi domani sera ne discutiamo.
Non credo che la problematica sia nell' essere o meno un vero biker; è vero, Parodi va in giacca e cravata tutta la settimana, ma ha avuto un percorso di vita differente rispetto al mio. Quando si è innamorato delle harley aveva già una famiglia e un lavoro che gli piaceva. In quel contesto lui ha deciso di vertere il più possibile il suo tempo alla moto, con ottimi risultati, evitando di sputtanare ciò che aveva già costruito.
Se prendo la mia persona invece io sono molto più giovane e non avendo ne famiglia e nemmeno una ragazza e un lavoro che come molti ha un contratto a tempo determinato, non ho problemi a far girare la mia vita attorno al mondo custom.
La vita del biker americano si è potuta sviluppare in quel paese perchè dell America ne è figlia. Ha le sue regole, le sue norme, ma nel momento in cui questa viene esportata all estero si ritrova di fronte ad altre realtà, non ci trovo nulla di male in un riadattamento in un altro paese; senza flessibilità(come ogni cosa) i biker finirebbero per estinguersi. Credo che la differenza non sia se si è più o meno veri biker, ma sul se si possa vivere la moto come uno stile di vita o meno.
Dai, la butto li, e poi domani sera ne discutiamo.
Non credo che la problematica sia nell' essere o meno un vero biker; è vero, Parodi va in giacca e cravata tutta la settimana, ma ha avuto un percorso di vita differente rispetto al mio. Quando si è innamorato delle harley aveva già una famiglia e un lavoro che gli piaceva. In quel contesto lui ha deciso di vertere il più possibile il suo tempo alla moto, con ottimi risultati, evitando di sputtanare ciò che aveva già costruito.
Se prendo la mia persona invece io sono molto più giovane e non avendo ne famiglia e nemmeno una ragazza e un lavoro che come molti ha un contratto a tempo determinato, non ho problemi a far girare la mia vita attorno al mondo custom.
La vita del biker americano si è potuta sviluppare in quel paese perchè dell America ne è figlia. Ha le sue regole, le sue norme, ma nel momento in cui questa viene esportata all estero si ritrova di fronte ad altre realtà, non ci trovo nulla di male in un riadattamento in un altro paese; senza flessibilità(come ogni cosa) i biker finirebbero per estinguersi. Credo che la differenza non sia se si è più o meno veri biker, ma sul se si possa vivere la moto come uno stile di vita o meno.
Byson- Dark Legend
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