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Per marco iron883 e gli altri: Nativi Americani
3 partecipanti
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Per marco iron883 e gli altri: Nativi Americani
Ho letto nella presentazione di marco iron883 che è un appassionato di Nativi Americani. E' una cultura che mi ha sempre affascinato ed appassionato. Ho letto recentemente vari libri di Enzo Braschi(il più bello "Il Cerchio Senza Fine"). E vorrei parlarne non solo con Marco, ma anche con voi...
Free Spirit- Ironeer
- Numero di messaggi : 98
Data d'iscrizione : 27.07.10
Re: Per marco iron883 e gli altri: Nativi Americani
non sono gli unici tex willer del forum..
Ospite- Ospite
Re: Per marco iron883 e gli altri: Nativi Americani
Era un pomeriggio piovoso di parecchi anni fa,agosto era alla fine e con esso anche le agoniate vacanze trascorse tranquillamente in un piccolo residence di vacanzieri di Marina di Grosseto.
ricordo che il mio piccolo allora dormiva un paio d'ore nel pomeriggio,vicino a lui si stendeva mia moglie..non ricordo bene perchè uscii sotto la pioggia...ricordo comunque di essermi ritrovato sulla soglia di un piccolo negozio di libri,entrai come fan molti distrattamente.. forse solo alla ricerca di un attimo di tregua dall'acqua che continuava a cadere incessante.
Mi guardai un pò in giro e lo vidi...."Gli Spiriti non dimenticano"..questo era il titolo del volumetto che catturò la mia attenzione,lo presi in mano autore Vittorio Zucconi lessi la recensione e mi diressi dalla ragazza che stava alla cassa vicino all'uscita.
Beh.. divorai il libro in poco tempo, trattava di un capo sioux dal nome non nuovo tale Cavallo Pazzo,mi affascinò l'uomo più del guerriero,da quel momento andai alla ricerca di tutto ciò potesse riguardare Tashunka Witko, trovai nel suo essere a tratti combattuto e controverso similitudini col mio carattere.
Inutile dirti che l'orizzonte che mi si aprì d'innanzi mi lasciò a volte fustrato ed esterrefatto per i molteplici sorprusi operati dalla nostra razza verso il grande "popolo degli uomini".........
Lo sò mi stò troppo dilungando ed ho promesso a mia moglie che l'avrei raggiunta in garage tra pochi minuti,ci sara modo e tempo per parlarne più approfonditamente ma ora no..,ora devo andare.
Mi fa comunque enorme piacere aver trovato un altro forumista sensibile alla causa del grande popolo rosso,ciao a presto
ricordo che il mio piccolo allora dormiva un paio d'ore nel pomeriggio,vicino a lui si stendeva mia moglie..non ricordo bene perchè uscii sotto la pioggia...ricordo comunque di essermi ritrovato sulla soglia di un piccolo negozio di libri,entrai come fan molti distrattamente.. forse solo alla ricerca di un attimo di tregua dall'acqua che continuava a cadere incessante.
Mi guardai un pò in giro e lo vidi...."Gli Spiriti non dimenticano"..questo era il titolo del volumetto che catturò la mia attenzione,lo presi in mano autore Vittorio Zucconi lessi la recensione e mi diressi dalla ragazza che stava alla cassa vicino all'uscita.
Beh.. divorai il libro in poco tempo, trattava di un capo sioux dal nome non nuovo tale Cavallo Pazzo,mi affascinò l'uomo più del guerriero,da quel momento andai alla ricerca di tutto ciò potesse riguardare Tashunka Witko, trovai nel suo essere a tratti combattuto e controverso similitudini col mio carattere.
Inutile dirti che l'orizzonte che mi si aprì d'innanzi mi lasciò a volte fustrato ed esterrefatto per i molteplici sorprusi operati dalla nostra razza verso il grande "popolo degli uomini".........
Lo sò mi stò troppo dilungando ed ho promesso a mia moglie che l'avrei raggiunta in garage tra pochi minuti,ci sara modo e tempo per parlarne più approfonditamente ma ora no..,ora devo andare.
Mi fa comunque enorme piacere aver trovato un altro forumista sensibile alla causa del grande popolo rosso,ciao a presto
marco iron883- Dark Legend
- Numero di messaggi : 1128
Data d'iscrizione : 07.11.09
Età : 61
Re: Per marco iron883 e gli altri: Nativi Americani
ficrav ha scritto:non sono gli unici tex willer del forum..
ti stimo Ficrav.., più però quando cerki di essere kiaro....
marco iron883- Dark Legend
- Numero di messaggi : 1128
Data d'iscrizione : 07.11.09
Età : 61
Re: Per marco iron883 e gli altri: Nativi Americani
Anche io adesso sono di fretta...ma appena posso scrivo qualcosa. A Marco consiglio "Il Cerchio Senza Fine" di Enzo Braschi. Un libro bellissimo.
Free Spirit- Ironeer
- Numero di messaggi : 98
Data d'iscrizione : 27.07.10
Re: Per marco iron883 e gli altri: Nativi Americani
Free Spirit ha scritto:Anche io adesso sono di fretta...ma appena posso scrivo qualcosa. A Marco consiglio "Il Cerchio Senza Fine" di Enzo Braschi. Un libro bellissimo.
sarà mia premura ricercarlo..grazie x la segnalazione io intanto se nn l'hai letto ti consiglio "seppellite il mio cuore a Wounded knee" di Dee Brown anche se penso tu l'abbia già letto.
Che lo Spirito sia con te
marco iron883- Dark Legend
- Numero di messaggi : 1128
Data d'iscrizione : 07.11.09
Età : 61
Re: Per marco iron883 e gli altri: Nativi Americani
marco iron883 ha scritto:Free Spirit ha scritto:Anche io adesso sono di fretta...ma appena posso scrivo qualcosa. A Marco consiglio "Il Cerchio Senza Fine" di Enzo Braschi. Un libro bellissimo.
sarà mia premura ricercarlo..grazie x la segnalazione io intanto se nn l'hai letto ti consiglio "seppellite il mio cuore a Wounded knee" di Dee Brown anche se penso tu l'abbia già letto.
Che lo Spirito sia con te
bellissimo..
Ospite- Ospite
Re: Per marco iron883 e gli altri: Nativi Americani
ficrav ha scritto:marco iron883 ha scritto:Free Spirit ha scritto:Anche io adesso sono di fretta...ma appena posso scrivo qualcosa. A Marco consiglio "Il Cerchio Senza Fine" di Enzo Braschi. Un libro bellissimo.
sarà mia premura ricercarlo..grazie x la segnalazione io intanto se nn l'hai letto ti consiglio "seppellite il mio cuore a Wounded knee" di Dee Brown anche se penso tu l'abbia già letto.
Che lo Spirito sia con te
bellissimo..
ma allora siamo + di quanti credevo,
buona vita anke a te fratello
marco iron883- Dark Legend
- Numero di messaggi : 1128
Data d'iscrizione : 07.11.09
Età : 61
Re: Per marco iron883 e gli altri: Nativi Americani
Riporto un brano del libro di Braschi, sul rapporto "uomo-natura":
"Quando eravamo uomini antichi sentivamo un profondo senso di comunione con tutto quello che ci circondava e nel quale eravamo immersi con ogni fibra del nostro corpo e del nostro spirito. Avvertivamo nella natura la presenza viva di qualcosa d'immenso a cui non riuscivamo a dare altra spiegazione se non attraverso la parola mistero. Tale era la generosità dello spettacolo nel quale ci trovavamo racchiusi ovunque ci muovessimo da restarne abbagliati. Tale la levigatezza dei silenzi o le vibrazioni ora impalpabili ora tremende dell'alito della creazione frantumato nei venti, disciolto nella acque fresche e pure dei fiumi, nelle vastità dei mari, nella tranquilla immobilità dei laghi, nel fluttuare delle erbe fino a dove l'orizzonte andava a morire insieme al sole, da venire colmati da un'infinita dolcezza, un senso così primitivo e indefinibile di bellezza e di integrità da commuoverci facendoci sentire umili e grandi al contempo, perché parte di quel tutto che non aveva un inizio e una fine. Non eravamo più uomini primitivi. Avevamo imparato l'uso del linguaggio e con quello avevamo dato nome a ogni cosa, così come a ciò che stava al di là di tutto quello che potevamo definire coi nostri sensi, formulando concetti, arricchendo il reale di un altro significato, scoprendo in esso il potere arcano che si celava dietro le apparenze.
E avvertivamo, tangibile, pure un profondo dolore proprio al cospetto di quanto di più eccelso coglievamo nel mondo sensibile. Percepivamo ancora potente la lacerazione da quell'altro mondo, quello dal quale ci eravamo separati per fare ingresso in quello fisico. La natura era meravigliosa ma il rammarico per la nostra esistenza prenatale era ancora tremendamente cocente. Così, uomini saggi, personalità tra noi più sensibili ci avevano insegnato ad abbandonarci alla veglia, al sonno, al sogno, alla visione estatica, perché quello era il ponte invisibile ma reale che ci consentiva di tornare a frequentare il Tutto, che sapevamo essere al di là di ogni manifestazione concreta dell'esistere e dal quale la Creazione ci aveva staccati in accordo a un disegno che non sapevamo spiegarci ma ce ugualmente avevamo finito con l'accettare e col considerare come l'esperienza più esaltante che potesse capitarci. Perché non era la morte quella cui andavamo incontro col sonno e non una nuova nascita quella che ritrovavamo al nostro risveglio. La saggezza di quei maestri meravigliosi ci insegnava a ricordare quello che vivevamo in quell'altra realtà nella quale stavamo prima di ritrovarci fisicamente qui. Ogni notte tornavamo a quel mondo spirituale, lo stesso che peraltro viveva nell'albero, bel filo d'erba, nel fiume, nella montagna, nell'aquila, nel fiore. Ogni notte penetravamo in quello che poi i nostri occhi scrutavano da desti allorché tornavamo a frequentare le cose nella loro rappresentazione materiale. E tornando in mezzo a loro avevamo imparato a portarci appresso ogni volta un pezzetto in più di quel meraviglioso mosaico che andavamo ricoprendo dall'altra parte. Eravamo uomini naturali in quanto avevamo imboccato un pensiero olistico, intuitivo-sintetico, che ci faceva abbracciare ogni cosa e ogni cosa ci ricollegava inscindibilmente. L'essere e il divenire, il fluire delle cose , il susseguirsi delle stagioni e dei cicli naturali, la memoria ancestrale che spingeva il fiore a sbocciare ancora, come obbedendo a un ordine segreto, al sopraggiungere di ogni primavera, così come un albero a ricoprirsi di foglie e a dare i suoi frutti, o la neve a mutarsi in acqua e gli animali a tornare in mezzo a noi per sfamarci, erano il chiaro svelarsi di un'architettura prestabilita entro la quale ogni cosa, animata e inanimata, si trovava inserita e immersa integralmente.
Non esisteva per noi, a quel tempo, il dubbio, l'idea della separazione, l'orrore della scissione dalla natura e quindi da noi stessi. La nostra coscienza obbediva istintivamente alla legge della polarità, perché avevamo compreso che la realtà era la coesione di infinite sfaccettature diverse che tuttavia esistevano solo ed esclusivamente in funzione di un perfetto equilibrio fra due forze opposte. Percepire la dualità nella creazione presupponeva il riconoscimento di ogni altra cosa dell'esistenza nell'unità, di un insieme che amava dunque mostrarsi attraverso due aspetti apparentemente contrapposti ma in verità unica espressione di una sola cosa. Non era forse il nostro stesso respiro formato da due movimenti che tuttavia determinavano una medesima cosa e cioè il ritmo della vita? E quel ritmo, in un quadrupede come in un rettile strisciante e nel più insignificante degli insetti, così come nell'uomo, non consisteva sempre in due parti il cui equilibrio riconduceva sempre all'uno. Luce e tenebra formavano il giorno, sole e luna ne illuminavano le ude facce, uomo e donna insieme costituivano il genere umano, il maschile ed il femminile stessi coabitavano all'interno di ogni creatura perché fosse chiaro che dalla loro unione si realizzava l'unità. Porsi a favore di una parte piuttosto che di un'altra, mettersi contro qualcosa invece che in mezzo avrebbe distrutto quell'unità al di fuori di noi, nella natura, così come dentro di noi. Questo avevamo compreso quando eravamo uomini antichi: che era necessario mantenere il mondo in equilibrio, affinché da quell'equilibrio seguitasse a scaturire la vita perfetta come l'Uno l'aveva pensato, voluta e realizzata"
"Quando eravamo uomini antichi sentivamo un profondo senso di comunione con tutto quello che ci circondava e nel quale eravamo immersi con ogni fibra del nostro corpo e del nostro spirito. Avvertivamo nella natura la presenza viva di qualcosa d'immenso a cui non riuscivamo a dare altra spiegazione se non attraverso la parola mistero. Tale era la generosità dello spettacolo nel quale ci trovavamo racchiusi ovunque ci muovessimo da restarne abbagliati. Tale la levigatezza dei silenzi o le vibrazioni ora impalpabili ora tremende dell'alito della creazione frantumato nei venti, disciolto nella acque fresche e pure dei fiumi, nelle vastità dei mari, nella tranquilla immobilità dei laghi, nel fluttuare delle erbe fino a dove l'orizzonte andava a morire insieme al sole, da venire colmati da un'infinita dolcezza, un senso così primitivo e indefinibile di bellezza e di integrità da commuoverci facendoci sentire umili e grandi al contempo, perché parte di quel tutto che non aveva un inizio e una fine. Non eravamo più uomini primitivi. Avevamo imparato l'uso del linguaggio e con quello avevamo dato nome a ogni cosa, così come a ciò che stava al di là di tutto quello che potevamo definire coi nostri sensi, formulando concetti, arricchendo il reale di un altro significato, scoprendo in esso il potere arcano che si celava dietro le apparenze.
E avvertivamo, tangibile, pure un profondo dolore proprio al cospetto di quanto di più eccelso coglievamo nel mondo sensibile. Percepivamo ancora potente la lacerazione da quell'altro mondo, quello dal quale ci eravamo separati per fare ingresso in quello fisico. La natura era meravigliosa ma il rammarico per la nostra esistenza prenatale era ancora tremendamente cocente. Così, uomini saggi, personalità tra noi più sensibili ci avevano insegnato ad abbandonarci alla veglia, al sonno, al sogno, alla visione estatica, perché quello era il ponte invisibile ma reale che ci consentiva di tornare a frequentare il Tutto, che sapevamo essere al di là di ogni manifestazione concreta dell'esistere e dal quale la Creazione ci aveva staccati in accordo a un disegno che non sapevamo spiegarci ma ce ugualmente avevamo finito con l'accettare e col considerare come l'esperienza più esaltante che potesse capitarci. Perché non era la morte quella cui andavamo incontro col sonno e non una nuova nascita quella che ritrovavamo al nostro risveglio. La saggezza di quei maestri meravigliosi ci insegnava a ricordare quello che vivevamo in quell'altra realtà nella quale stavamo prima di ritrovarci fisicamente qui. Ogni notte tornavamo a quel mondo spirituale, lo stesso che peraltro viveva nell'albero, bel filo d'erba, nel fiume, nella montagna, nell'aquila, nel fiore. Ogni notte penetravamo in quello che poi i nostri occhi scrutavano da desti allorché tornavamo a frequentare le cose nella loro rappresentazione materiale. E tornando in mezzo a loro avevamo imparato a portarci appresso ogni volta un pezzetto in più di quel meraviglioso mosaico che andavamo ricoprendo dall'altra parte. Eravamo uomini naturali in quanto avevamo imboccato un pensiero olistico, intuitivo-sintetico, che ci faceva abbracciare ogni cosa e ogni cosa ci ricollegava inscindibilmente. L'essere e il divenire, il fluire delle cose , il susseguirsi delle stagioni e dei cicli naturali, la memoria ancestrale che spingeva il fiore a sbocciare ancora, come obbedendo a un ordine segreto, al sopraggiungere di ogni primavera, così come un albero a ricoprirsi di foglie e a dare i suoi frutti, o la neve a mutarsi in acqua e gli animali a tornare in mezzo a noi per sfamarci, erano il chiaro svelarsi di un'architettura prestabilita entro la quale ogni cosa, animata e inanimata, si trovava inserita e immersa integralmente.
Non esisteva per noi, a quel tempo, il dubbio, l'idea della separazione, l'orrore della scissione dalla natura e quindi da noi stessi. La nostra coscienza obbediva istintivamente alla legge della polarità, perché avevamo compreso che la realtà era la coesione di infinite sfaccettature diverse che tuttavia esistevano solo ed esclusivamente in funzione di un perfetto equilibrio fra due forze opposte. Percepire la dualità nella creazione presupponeva il riconoscimento di ogni altra cosa dell'esistenza nell'unità, di un insieme che amava dunque mostrarsi attraverso due aspetti apparentemente contrapposti ma in verità unica espressione di una sola cosa. Non era forse il nostro stesso respiro formato da due movimenti che tuttavia determinavano una medesima cosa e cioè il ritmo della vita? E quel ritmo, in un quadrupede come in un rettile strisciante e nel più insignificante degli insetti, così come nell'uomo, non consisteva sempre in due parti il cui equilibrio riconduceva sempre all'uno. Luce e tenebra formavano il giorno, sole e luna ne illuminavano le ude facce, uomo e donna insieme costituivano il genere umano, il maschile ed il femminile stessi coabitavano all'interno di ogni creatura perché fosse chiaro che dalla loro unione si realizzava l'unità. Porsi a favore di una parte piuttosto che di un'altra, mettersi contro qualcosa invece che in mezzo avrebbe distrutto quell'unità al di fuori di noi, nella natura, così come dentro di noi. Questo avevamo compreso quando eravamo uomini antichi: che era necessario mantenere il mondo in equilibrio, affinché da quell'equilibrio seguitasse a scaturire la vita perfetta come l'Uno l'aveva pensato, voluta e realizzata"
Free Spirit- Ironeer
- Numero di messaggi : 98
Data d'iscrizione : 27.07.10
Re: Per marco iron883 e gli altri: Nativi Americani
bello e molto riflessivo,ogni uomo dovrebbe soffermarsi un istante a riflettere dinnanzi a tali verita.
essenzialmente quello che era nello spirito di ogni pellerossa era non il possesso,non l'avidita del detenere o del possedere ma viceversa il rispetto della madre Terra cogliendo da essa il minimo indispensabile rispettandone il tutto perchè tutto era parte di essa,così si cacciava lo stretto indispensabile per vivere usando della cacciagione tutto l'usabile,si tagliavano alberi lo stretto necessario, si viveva insomma in simbiosi con la natura cogliendone i frutti senza mai violarla perchè noi siamo i depositari di una eredita che dovremmo mantenere inviolata nel suo essere più profondo.
essenzialmente quello che era nello spirito di ogni pellerossa era non il possesso,non l'avidita del detenere o del possedere ma viceversa il rispetto della madre Terra cogliendo da essa il minimo indispensabile rispettandone il tutto perchè tutto era parte di essa,così si cacciava lo stretto indispensabile per vivere usando della cacciagione tutto l'usabile,si tagliavano alberi lo stretto necessario, si viveva insomma in simbiosi con la natura cogliendone i frutti senza mai violarla perchè noi siamo i depositari di una eredita che dovremmo mantenere inviolata nel suo essere più profondo.
marco iron883- Dark Legend
- Numero di messaggi : 1128
Data d'iscrizione : 07.11.09
Età : 61
Re: Per marco iron883 e gli altri: Nativi Americani
.
Ultima modifica di stel il Gio 8 Mar 2012 - 16:24 - modificato 1 volta.
Ospite- Ospite
Re: Per marco iron883 e gli altri: Nativi Americani
stel ha scritto:ciao, scusate se mi intrometto, ma ho trovato molte similitudini tra quanto ho letto in questo tread e il messaggio derivato dal libro "e venne chiamata due cuori" che tratta degli arborigeni australiani. Altro popolo, medesimo destino
se possibile gli aborigeni per certi versi erano ancor più "pazzeschi" degli indiani d'america..
Ospite- Ospite
Re: Per marco iron883 e gli altri: Nativi Americani
.
Ultima modifica di stel il Gio 8 Mar 2012 - 13:27 - modificato 1 volta.
Ospite- Ospite
Re: Per marco iron883 e gli altri: Nativi Americani
Questa era una cosa comune, ad esempio, anche ai Celti; ci sono tantissime similitudini tra Celti e Nativi Americani.
Free Spirit- Ironeer
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Re: Per marco iron883 e gli altri: Nativi Americani
Free Spirit ha scritto:Questa era una cosa comune, ad esempio, anche ai Celti; ci sono tantissime similitudini tra Celti e Nativi Americani.
Anche con i boy scout!
Moonblack- King Ironeer
- Numero di messaggi : 6171
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Re: Per marco iron883 e gli altri: Nativi Americani
un video a tributo...
marco iron883- Dark Legend
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